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Posts Tagged ‘Ogm’

Un’equipe di agronomi del Volcani Institute, il centro sperimentale del ministero dell’Agricoltura israeliano, ha recentemente annunciato d’avere messo a punto una nuova varietà di grano duro geneticamente modificata che batterebbe per qualità e convenienza produttiva tutte le specie attualmente impiegate dall’industria alimentare. Oltre a proporsi con elevate qualità nutrizionali, il nuovo frumento sarebbe anche in grado di difendersi dai parassiti più aggressivi e di crescere in quantità superiori e a costi meno elevati, caratteristiche che lo renderebbero ideale per la produzione della pasta. Coltivato in via sperimentale in tre diverse aree, il grano ogm ha sorpreso gli scienziati israeliani soprattutto in termini di rese, circa sei tonnellate e mezzo per ettaro, difendendosi perfettamente da insetti, parassiti e dalle temute malattie, quale, per esempio, la ruggine gialla, il fungo-killer che ogni anno distrugge milioni di tonnellate di raccolto.

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Addensanti, gelificanti, coloranti. Ogm, pesticidi e nanomolecole. Il cibo è sempre più manipolato: per durare di più, per essere più bello, più saporito, più malleabile. E’ un male? E’ un bene? E se in fondo fosse ininfluente?

Davvero una pasta al pesto può ucciderci e un budino purgarci? Sul serio una mousse alla fragola può far esplodere un’eruzione allergica? Parrebbe di si, ascoltando le campane degli ultras del terrorismo enogastronomico. Quelli, tanto per intenderci, che se la prendono sempre con tutto e con tutti, lanciando raffiche di anatemi e prefigurando scenari catastrofici a ogni pie’ sospinto. Son sempre loro quelli che contrappongono il termine “chimico” a quello di “naturale”, facendo divenire il primo sinonimo d’insalubre e pericoloso, spacciando di conseguenza il secondo come garanzia di salubrità e lunga vita. E così, seguendo questi processi mentali illogici, nel calderone della “chimica cattiva” finisce di tutto: coloranti come fertilizzanti, conservanti e agrofarmaci, additivi e Ogm. Ora è il turno delle nanotecnologie, dalle quali deriverebbero molecole di dimensioni infinitesime misurabili in nanometri (milionesimi di millimetro). E’ di recente pubblicazione sul settimanale “L’espresso” un reportage proprio sulle molteplici applicazioni delle nanomolecole: negli imballaggi, nei dentifrici, nei cosmetici. Ma anche nei cibi: l’utilizzo di nanomolecole migliora la sapidità dei gelati, riduce il colesterolo assorbito, conferisce maggior senso di sazietà ai cibi dietetici, trasforma i chewing-gum in una sorta di dentifricio masticabile. Scoppia quindi subito la polemica: che ne sappiamo dei loro percorsi metabolici nell’organismo? Si accumulano? Si degradano? Possono in altre parole danneggiare la salute? Gli studi si vanno moltiplicando in tutto il mondo e di nanomolecole se ne occupano diverse università, l’Efsa europea, la Food & Drug Administration americana. Come per ogni opera dell’ingegno umano, infatti, vale il concetto di precauzione. Alcuni confondono però la precauzione con la paralisi a prescindere E’ già successo con gli Ogm, bocciati dall’opinione pubblica soprattutto perché non capiti e gravati da un’informazione fuorviante. In minor misura sono stati avversati gli agrofarmaci, il cui uso ci si illude in certi salotti possa essere bandito senza patire alcuna conseguenza in termini produttivi. Le nanotecnologie, purtroppo per loro, evocano ancor di più gli spettri dell’ignoranza, perché queste, di molecole, ce le troviamo mescolate in gran copia nei cibi. Terreno fertile quindi per i detrattori di professione, i quali di fronte alle innovazioni tecnologiche alzano a prescindere scudi e barriere ideologiche. Per chi la ricorda, è di non molti mesi la fa la battaglia contro la cosiddetta “cucina molecolare”, quel tipo di cucina che sfrutta le leggi della chimica e della fisica per preparare piatti altrimenti impossibili a realizzare. Questi cuochi creano gelati grazie all’uso di azoto liquido. Utilizzano il vuoto per creare mousse o spume. E ancora, servono pinzimonio di verdure in provetta, gusci di uova allo zabaione tagliati al laser, biscotti croccanti anche quando immersi in un liquido, grazie all’aspirazione del 40 per cento dell’aria. Ma davvero tutto ciò che è alieno al cibo è di conseguenza nocivo? L’E150 è in fondo solo caramello. La E140 è la sigla della clorofilla come l’E160 rappresenta il betacarotene. Avete il raffreddore? Ingerite cibi contenenti l’E300, perché non è altro che acido ascorbico, o vitamina C. L’Agar Agar è solo un misero polisaccaride estratto da alcune alghe rosse e sostituisce la colla di pesce nelle diete vegetariane. Stessa funzione hanno le gomme di Guar (E412) e di Xantar, le maltodestrine e la metilcellulosa (E461), la quale idratandosi ha proprietà purgative solo in caso venga ingerita in quantità elevate. Infine la  carragenina ha doti gelificanti. Tutte queste sostanze sono le cosiddette “texturas” di Ferran Adrià, il famigerato cuoco spagnolo, incriminato nell’inchiesta sulla cucina molecolare. Peccato che alcune di queste sostanze siano utilizzate dai tempi degli Egizi o dei Romani, come pure i polisaccaridi estratti dalle alghe siano utilizzate da secoli in Oriente. Nonostante ciò, è stato sollecitata un’ordinanza (GU n. 40 del 18-2-2010) che mette al bando alcuni degli additivi sopra menzionati. Un’ordinanza firmata dal sottosegretario alla Salute Francesca Martini addirittura davanti alle telecamere di Striscia la notizia. A poco vale una pubblicazione sulla rivista scientifica Nature, che stigmatizza l’irrazionalità del provvedimento, come pure che il presidente stesso di Slow food Italia, Roberto Burdese, abbia parlato di “ordinanza pasticciata che in quanto tale non piace a prescindere dallo scopo”.  A poco vale davvero. Perché di fronte alla demagogia ottusa e ignorante, poco vale in genere la ragione. Poi si scopre che l’eugenolo, componente del basilico, è cancerogeno. Ovvio: assunto da solo e a dosi molto elevate. Quindi un buon pesto alla genovese non fa assolutamente nulla, tranne darci un intimo piacere al palato. Però, l’eugenolo resta di per sé cancerogeno sebbene non sia stato sintetizzato in qualche laboratorio, né sia un additivo o un pesticida. A quando il sano silenzio di chi ancora non ha capito che i “malati” sono solo dei sali dell’acido malico e non degenti ospedalizzati?

Fiocco azzurro: nasce il “Club Amici degli Ogm”

Il ministro Galan fa un passo avanti rispetto alla politica di chiusura a 360 gradi dei suoi predecessori. A dir suo, sul biotech almeno ricerca e sperimentazione devono essere libere e saranno semmai i risultati a posteriori a dire chi aveva ragione. Resta comunque il dubbio su quale sia la soglia di confidenza per poter affermare che gli studi sono sufficienti per avere la luce verde. Secondo alcuni avversari duri e puri degli Ogm, nessuna evidenza scientifica sarà mai di per sé sufficiente. Se passasse questo approccio, quindi, dare il via libero a ricerca e sperimentazione non avvicinerebbe in alcun modo l’utilizzo in campo delle biotecnologie in Italia. Da parte del Ministro vi è peraltro la consapevolezza che a parlare oggi di cibo OGM free vi sia solo da sorridere. Dati alla mano, oltre l’ottanta per cento della soia con cui si alimenta il bestiame italiano viene dall’estero, ed è biotech. I derivati come carne, latte e formaggi vengono quindi per lo più da animali nutriti con mangimi Ogm. Forse per questa ragione, il presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni ha lanciato l’idea di un club “amici degli OGM” con l’intento di riunire tutti coloro che vedano possibile l’uso del biotech in agricoltura. Per Vecchioni gli imprenditori devono poter avere gli strumenti per competere sul mercato globale e devono avere la libera possibilità di scegliere se usarli o no.

L’opinione del cuoco

“Il cliente che viene al mio ristorante non viene per mangiare, ma per provare un’esperienza, io creo un inaspettato contrasto di sapori, temperature, colori, niente nel piatto è quel che sembra, l’idea è di provocare e sorprendere” (Ferran Adrià, cuoco propugnatore della cucina molecolare)

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Un ormone vegetale potrebbe aumenta le rese di cotone in condizioni di siccità. E’ ciò che avrebbero scoperto un gruppo di ricercatori del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti che hanno identificato nella citochinina, un ormone vegetale della crescita che stimola la divisione e la crescita cellulare, la capacità di avere effetti postivi sullo sviluppo dello stelo e dei rami del cotone anche in ambienti climaticamente difficili. Gli scienziati americani hanno infatti dimostrato che una somministrazione di citochinina nelle piante di cotone tradizionali porta a un aumento della produzione tra il cinque e il dieci per cento in condizioni di disponibilità idrica ridotta, mentre l’utilizzo dell’ormone in condizioni di pioggia o irrigazione completa non influisce invece sulla normale crescita della pianta. L’ormone può quindi essere somministrato nel corso delle pratiche di routine per il controllo delle infestanti che vengono effettuate all’inizio della stagione, fermo restando però che per essere davvero efficace è necessario che sia applicato alle piantine di cotone ancora giovani, il momento in cui sono stimolate nella formazione di un sistema radicale più grande per raggiungere il terreno profondo e morbido. I ricercati hanno inoltre scoperto che tale ormone sarebbe anche in grado di ridurre la dispersione di acqua, grazie alla capacità di stimolare la crescita di una sorta di cera protettiva sulla superficie della pianta che eviterebbe il gocciolamento dopo i trattamenti.

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Un gruppo di ricercatori di Germania, Gran Bretagna, Spagna, Italia e Ungheria hanno collaborato allo sviluppo di un modello matematico teso a calcolare i rischi derivanti dal mais geneticamente modificato. A tal fine, gli scienziati hanno selezionato due specie di farfalle protette, Inachis io e la falena Plutella xylostella, per effettuare il test, impiegando, per rendere il modello più realistico possibile, solo le specie che vivono nelle regioni europee nelle quali si coltiva il mais geneticamente modificato “Mon810”. I risultati hanno mostrato un impatto molto basso, evidenziando in effetti livelli massimi di mortalità inferiore a un individuo su 1572 per le farfalle Inachis io e di uno su 392 per quanto riguarda la falena Plutella xylostella, mentre la mortalità media in tutte le regioni è stata di un individuo su cinque mila per le prime e uno su quattro mila 367 per le seconde. Grazie a tali risultati i ricercati hanno potuto quindi affermare che le valutazioni precedenti, effettuate dall’Efsa, Autorità europea per la sicurezza alimentare, erano eccessivamente prudenti e che i valori di mortalità emersi dallo studio si sono dimostrati circa quattro volte inferiori rispetto alle stime.

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Due in uno

Il Dipartimento per l’Energia degli Stati Uniti, in collaborazione con il Dipartimento per l’Agricoltura e il Genoma del Canada e con l’Istituto Nazionale di Ricerca Agricola francese, ha recentemente annunciato il finanziamento di un progetto del valore di dieci milioni e mezzo di dollari mirato alla mappatura della sequenza del dna del girasole. Utilizzando le più avanzate tecnologie di sequenziamento e genotipizzazione, sarà in effetti sequenziato il genoma del girasole e individuati i geni che presentano tratti significativi dal punto di vista agricolo, quali, per esempio, il contenuto di olio dei semi. A tal fine i ricercatori sono intenzionati a sviluppare una varietà ibrida ad alta resa di olio così da utilizzarla anche materia prima per la produzione di biocombustibile. I semi ottenuti sarebbero quindi raccolti sia per uso alimentare sia per la produzione di olio, mentre i gambi sarebbero invece trasformati in etanolo, una duplice possibilità di impiego che eviterebbe il conflitto tra i terreni impiegati per colture alimentari con quelli dedicati alle specie orientate all’industria dei biocarburanti.

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Ogm naturale

Un nuovo pomodoro promette di migliorare le doti di difesa dell’organismo umano contro le malattie causate da stress ossidativi e dalla formazione di radicali liberi. Questi ultimi sono infatti responsabili di parecchie disfunzioni organiche che sono soggette a degenerare in neoplasie e in patologie cardiovascolari, malattie che proprio il tradizionale pomodoro, grazie alle sue proprietà antiossidanti, è in grado di combattere preservando le membrane cellulari e il loro contenuto. Tali capacità protettive dovrebbero ora aumentare grazie al nuovo pomodoro che dovrebbe garantire una copertura superiore contro i tumori, in particolare quello alla prostata, il più diffuso nell’uomo. A creare tale ortaggio sono stati i ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr di Napoli che hanno fuso, per impollinazione naturale, i corredi genetici di alcune varietà di pomodori neri e linee pure di San Marzano, ottenendo un prodotto dalle elevate doti antiossidanti e con una maggior concentrazione di vitamina C. Il nuovo pomodoro conterrebbe inoltre anche un’inedita, per tale ortaggio, famiglia di antiossidanti chiamata antocianine, note in ambito medico per il loro ruolo di protezione contro alcune sindromi metaboliche, quali, per esempio, quelle cardiovascolari. I ricercatori hanno infine evidenziato come il prodotto, già pronto per essere immesso sul mercato, abbia un elevato valore nutrizionale, indipendentemente dalle capacità antiossidanti, peculiarità quest’ultima che rafforzerebbe ulteriormente la qualità e i benefici della dieta mediterranea.

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Il presidente di Slow-Food Carlo Petrini tuona contro gli ogm dalle pagine de L’Espresso. Peccato basi però le sue affermazioni su un decalogo dal costrutto vaporoso e discutibile

Come Mosè disceso dal monte Oreb, Carlo Petrini, presidente dell’associazione Slow-Food che, fra le altre cose, mira a difendere la tipicità dei prodotti, ha diffuso sul finire di febbraio i propri dieci comandamenti lanciando moniti contro il “vitello d’oro”, incarnato oggi dalle biotecnologie. Anatemi fatti propri, senza porsi alcun problema di par condicio, da “L’Espresso” e quindi rilanciati da un media di rilievo. Peccato che sia Petrini sia L’Espresso dimentichino che in un Paese democratico e civile gli anatemi dovrebbero basarsi su dati di fatto, non su supposizioni o, peggio, affermazioni personali, e comunque dovrebbe essere lasciata ai consumatori finali la possibilità di scelta. L’ipocrisia ideologica del novello Mosè appare in effetti evidente fin dal primo punto e dimostra come citare gli studi in modo selettivo sia divenuta un’abitudine per il fronte contrario agli ogm. La coesistenza tra agricoltura tradizionale e “bio” con gli ogm è infatti possibile da tempo, a patto di rispettare minime distanze di sicurezza. Fasce che oltretutto nemmeno servono quando le piante sono a impollinazione autofecondante o quando si parla di portainnesti. Anche le critiche agli agrofarmaci appaiono pretestuose. Gli agricoltori “bio” protestano in effetti da sempre anche contro l’impiego da parte altrui di sostanze chimiche, accusate di contaminare per deriva le coltivazioni adiacenti. Il dubbio che servano per coprire la vera origine dei residui trovati sui prodotti bio è lecito. Riguardo ai prodotti poi è opportuno ricordare che se i sostenitori-consumatori del bio hanno diritto a mangiare ciò che ritengono più salutare, lo stesso diritto va riservato a chi invece del bio non si fida o è comunque consapevole che nella realtà dei fatti anche gli ibridi di mais seminati dagli agricoltori biologici possono presentare tracce di ogm. Per Legge i prodotti bio possono infatti contenerne sino allo zero e nove per cento di ogm senza per questo perdere la loro certificazione. Bocciate anche le affermazioni relative al comparto zootecnico. Petrini si attacca infatti a vecchi esperimenti che in tempi recenti molti ricercatori hanno ritenuto statisticamente non validi per quel tipo di disamina. Viceversa, l’esistenza di rischi sanitari definiti “minimi” è invece stata appurata dall’Efsa, organismo europeo deputato al controllo della sicurezza alimentare, che ha inoltre evidenziato come rappresentino problemi per la salute di uomini e animali anche le micotossine. Ma di quest’ultimo tema Carlo Petrini preferisce non parlare, forse perché è dimostrato come i mais ogm contengono meno micotossine rispetto al mais tradizionale e a quello biologico. Il Nostro tace poi anche sul fatto che non tutti gli Ogm provengono dalle multinazionali e che l’acquisto annuale delle sementi derivi da ragioni di convenienza per gli operatori che hanno smesso da un pezzo di accantonare sacchi di granaglie per riseminarsele l’anno dopo. Sarebbe bene che ci si dimenticasse una volta per tutte dell’icona bucolica che vuole il contadino col cappello di paglia e il fazzolettone rosso al collo e si desse una descrizione dell’agricoltura più moderna e attuale, accettando anche il fatto che quest’ultima non è mai stata una espressione culturale statica del territorio ma si è evoluta nei decenni. I Romani, per esempio, non conoscevano né pomodori né patate, così come non hanno alcuna origine nazionale le pesche, i kiwi, il mais, la soia e le melanzane. Se a ciò si aggiunge che il triticale, prodotto ampiamente commercializzato nei negozi Bio, è stato creato in laboratorio, e di conseguenza privo di storicità territoriale, appare evidente l’incoerenza di fondo delle critiche di Petrini. Inesistente poi la presunta concorrenza tra le colture tradizionali e gli ogm. Nulla vieta agli operatori di scegliere tra un frumento transgenico e il farro, tra il riso Arborio e il Golden Rice. Chiunque può decidere di coltivare grano saraceno, Kamut, oppure mais ogm, esattamente come oggi si può scegliere tra biologico e convenzionale. L’ogm é quindi un ampliamento delle opportunità produttive, non una contrazione dell’offerta. Circa la resistenza degli ogm ai diserbanti si può ribattere che ha contribuito ad abbattere i costi legati alle attività di diserbo né sarebbe ipotizzabile in molte aree la rotazione colturale citata da Petrini in quanto si scontrerebbe con le esigenze produttive di intere filiere. Gli allevatori cremonesi, che crescono l’80 per cento dei maiali destinati a diventare prosciutti di Parma e San Daniele e mungono l’80 per cento del latte utilizzato per la produzione del Parmigiano, incentrano la maggior parte delle diete dei loro animali sul mais in quanto sarebbe molto difficile dar spazio a foraggi alternativi senza compromettere gli elevati standard di specializzazione raggiunti. Competenze che hanno permesso alle produzioni italiane di diventare eccellenze a livello mondiale, ma che mancano del tutto al fondatore di Slow-food quando cita solo mais, colza e soia come prodotti ogm, dimenticando o ignorando che tra gli organismi geneticamente modificati esistono anche riso, pomodoro e patata. Un’ignoranza evidenziata anche con la bizzarra e del tutto personale teoria che vuole le piante contrarie alle modificazioni genetiche attuate attraverso metodi rudi. Petrini come San Francesco, parla con gli animali e le piante. Ma non va a visitare un laboratorio ogm. Se lo facesse scoprirebbe che le metodologie di trasferimento dei geni sono precise e chirurgiche, un’evoluzione scientifica che ha costretto Francia e Germania ad appellarsi solamente all’ideologia politica per giustificare i rispettivi veti nei confronti degli ogm. Male non sarebbe quindi dare un po’ più di credito al progresso scientifico, senza nascondersi dietro l’ipocrisia dei presunti benefici dell’agricoltura su piccola scala. E’ infatti fuorviante millantare fantomatici ruoli anti effetto serra da parte di un’agricoltura bucolica basata su romantici alpeggi produttori di latte freschissimo e di formaggi Igp, dimenticando che le capacità di assorbimento di biossido di carbonio da parte del mais ogm non sono “sintetiche”, bensì reali e tangibili più di quelle del mirtillo biologico trentino. L’idea poi che saranno gli orticelli a salvare il Pianeta è pittoresca ma anacronistica, anche in funzione dell’aumento esponenziale della popolazione mondiale e del conseguente incremento della domanda di prodotti agroalimentari. L’allarme lanciato dall’Onu sull’aumento della malnutrizione deriva in effetti dalla sproporzione tra la crescita del numero di abitanti del Pianeta e le produzioni agricole. Un divario che non potrà mai essere colmato moltiplicando gli orticelli del nonno o recuperando al mercato le varietà di mais che nutrivano gli Aztechi, ma solo accettando l’idea che lo sviluppo della società passa anche attraverso le innovazioni scientifiche, come gli ogm, capaci di elevare le rese di cibo e di proteine nobili a parità di superfici coltivate.

Il decalogo di Petrini, in sintesi

1. La contaminazione ambientale. Coltivare Ogm in sicurezza, in Italia, è impossibile perchè le aziende sono di piccole dimensioni.

2. Sovranità alimentare. Una diffusione degli ogm in campo aperto cambierebbe la qualità della nostra agricoltura, annullando la libertà di scegliere quel che mangiamo.

3. Problemi di salute per gli animali alimentati a ogm.

4. Con le sementi ogm la multinazionale è titolare del seme e impone royalties per tentare miglioramenti.

5.Economia e cultura. I prodotti ogm non hanno legami storici o culturali con un territorio.

6. Le colture Ogm impoverisconowla biodiversità perché hanno bisogno di grandi superfici e di un sistema monocolturale.

7. Ecocompatibilità. La resistenza ai diserbanti porta a un uso più disinvolto dei medesimi.

8. Precauzione. A trent’anni dall’inizio dello studio sugli ogm questa scienza è ancora rudimentale e affidata al caso.

9.Progresso. Gli ogm sono figli di un modo miope e superficiale di intendere il progresso.

10. Fame. Da quando è iniziata la commercializzazione degli ogm il numero degli affamati non ha fatto che crescere.

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Un gruppo di ricercatori del Dipartimento per l’Agricoltura degli Stati Uniti è impegnato nella realizzazione di uno speciale kit di genomica che supporti gli operatori nello sviluppo di nuove varietà di patate dolci. Nonostante l’importanza rivestita da tale coltura soprattutto nel continente americano, la patata dolce è stata fino a oggi sottovalutata in termini di ricerca, causando di fatto una mancanza di quelle informazioni genomiche essenziali per sviluppare nuove varietà caratterizzate da più elevati contenuti nutrizionali e da maggiori capacità di resistenza alle malattie. E proprio per ovviare a tale limite, gli scienziati statunitensi hanno lavorato per localizzare i marcatori dna sui 90 cromosomi della patata dolce, impegno che ha permesso di comprendere come e dove determinati geni sono espressi dalla coltura, in particolare quelli destinati alla produzione di rizomi che risultano particolarmente sollecitati durante gli stress correlati a fattori ambientali come la siccità.

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Giulia Maria Crespi, presidente onorario del Fondo per l’ambiente, ha rilasciato al Corriere della Sera un’intervista nella quale azzanna alla gola i prodotti geneticamente modificati e la Monsanto, multinazionale simbolo della genesi degli Ogm. E proprio alla Genesi, quella biblica però, la Crespi si rifà per trovare conforto alla propria filippica accorata.

Già migliaia di anni prima che gli Egizi iniziassero a costruire le piramidi, sulla Terra circolavano invasati d’ogni tipo che andavano predicando la fine del Mondo. All’inizio urlavano stando in piedi sulle rocce, poi passarono alle pubbliche piazze e in tempi più recenti si sono affacciati ai giornali, alle tv e – ultima frontiera – su internet. Il motivo di fondo delle catastrofiche profezie è sempre lo stesso: l’Umanità ha disobbedito alle leggi di Nostro Signore e quindi sarà punita da Dio. A volte Egli predilige le piogge di fuoco (Genesi 19:24-25), oppure opta per diluvi universali  (Genesi 7:17-24), ma non manca neppure di buttarla sull’epidemiologico, lanciando piaghe e pestilenze terribili come quella con cui sterminò il popolo d’Israele a causa di una disobbedienza di David circa l’effettuazione di un semplice censimento (2 Samuele 1-25). Chissà di quali peccati si devono essere macchiati i dinosauri per meritarsi addirittura un meteorite. Per fortuna, però, non sempre la realtà coincide con la fantasia e, anzi, nel caso specifico non ha mai coinciso. Indipendentemente da come la si pensi, è infatti un dato concreto che dopo migliaia di anni di gufate siamo ancora qui, in sei miliardi e mezzo di esseri umani, ad aspettare l’Armageddon ebraico o il Ragnarok vichingo. La fine del Mondo, insomma. Forse prima o poi arriverà davvero, ma quando e come non è alla nostra portata stabilirlo, mentre è lecito, dopo diecimila anni di profezie andate a vuoto, assumere un atteggiamento scettico nei confronti di chi si metta oggi a predicare analoghe sciagure. Come pure una sana ironia, e una bonaria presa in giro, va usata nei confronti di chi prenda alla lettera le così dette “Sacre Scritture”, spacciando per verità indiscusse quelle che invece le stesse Chiese ammettono essere solo metafore o allegorie. Ultima arrivata in tale esercito di profeti del disastro: Giulia Maria Crespi, presidente onorario del Fondo per l’ambiente. Per condannare gli Ogm e chi li produce si è rifatta addirittura alla Genesi biblica là dove recita “E Dio disse: la terra produca germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie, e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie”. E su quel “secondo la propria specie” la Crespi trova conforto per le sue invettive. La Genesi però fa parte del Pentateuco, un insieme di cinque scritture nelle quali rientra anche il Levitico, altro libro sacro e quindi foriero, per chi ci crede, di verità indiscusse. Ipotizzabile quindi che la Crespi concordi pienamente anche con il Levitico quando afferma che l’omosessualità e il consumo di crostacei sono un abominio (Lev. 18:22 e 11:10) o quando sentenzia che toccare la pelle di maiale rende impuri (Lev. 11:7 ). Non ci sono docce o bagnischiuma che tengano, gli allevatori di suini e gli insaccatori sono avvertiti: le porte dell’inferno son già per loro spalancate. Il medesimo libro del Pentateuco dice anche che è lecito possedere schiavi (Lev. 25:44) a patto che siano però acquistati in nazioni straniere, per la gioia di chi fa lavorare in nero i braccianti africani, come pure che non ci si può avvicinare all’altare se si hanno difetti di vista (Lev. 21:18) o se si è gobbi oppure nani (Lev. 21:20). Grillini, Andreotti e Brunetta come la prenderanno? Probabilmente Dio avrà pur avuto delle buone intenzioni nel porre questi veti ai minus-dotati, ma nei tempi andati quelle parole hanno di certo creato non poche difficoltà a chi fosse ritenuto “impuro” e come tale degno di qualche sassata. Anche sul libro dell’Esodo, altra scrittura del Pentateuco, sarebbe interessante un confronto con la Crespi, partendo magari dal versetto 21:7, che rende possibile vendere la propria figlia come schiava, o dal passo 35:2 che vuole la messa a morte del vicino se questi volesse lavorare al sabato. Il mio, di vicino, è un istruttore di kick-boxing, è alto due metri e pesa un quintale:  ad ammazzarlo ci pensa Lei, signora Giulia Maria? Anatema anche contro quei pensionati che vanno contro le prescrizioni di Levitico 19:19, in quanto nel loro orto coltivano diversi tipi di ortaggi anziché uno solo e, per giunta, lo fanno indossando abiti di tessuti misti, altra situazione vietata dalle Sacre Scritture. La punizione per tali reati qual’è? Forse la lapidazione? Nel caso fosse impossibile reperire abbastanza sassi,  suggerirei di aggirare la difficoltà dando loro fuoco mentre dormono, la stessa punizione simpaticamente consigliata dal Levitico al passo 20:14 per le persone che giacciano con consanguinei.

Battute? Mica tanto, la Crespi tira in ballo addirittura la Genesi per attaccare le biotecnologie.  “Ora – insiste la pasionaria– gli Ogm che cosa sono, se non la negazione di quel principio ‘secondo la propria specie’, che la Genesi attribuisce a Dio? Non so se tutti hanno chiaro che si uniscono specie diverse: specie vegetali con specie animali, insetti. È una cosa completamente diversa dai cosiddetti ibridi. Si manipola la natura, e alla lunga la natura si ribella”. Muli e Bardotti infatti, frutto d’incroci contro natura sia per la Crespi che per la Bibbia (Lev. 19:19), ogni tanto si ribellano stendendo qualcuno con un calcio ben assestato. Ma é davvero così spaventoso che un gene di un Bacillus thuringensis, utilizzato tal quale come insetticida in lotta biologica, venga inserito in una pianta di granturco? La risposta non risiede certamente nella Genesi, né tanto meno nel Levitico, nell’Esodo, in Numeri o nel Deuteronomio. E, peccato per le idee di Giulia Maria, nemmeno nel libro dell’Apocalisse. Né del resto il Pentateuco ci permette di capire come gli Ogm possano aver sterilizzato certi suoli del Sud America, come asserisce nella sua intervista la novella Giovanna D’Arco del biodinamico. La vera colpa, semmai, è insita nello sfruttamento dissennato del territorio. Ogm o non Ogm. Soddisfatta? Macché… La Crespi rilancia sui temi della contaminazione ambientale da polline, della fine della biodiversità e dell’immoralità dei brevetti delle multinazionali, ree di affamare il Terzo Mondo obbligando gli agricoltori a comprare le loro sementi. Che però quelle sementi, prima ancora che brevettate, siano da considerarsi “selezionate”, a Giulia Maria deve essere sfuggito, esattamente come non deve essere al corrente del fatto che da alcuni decenni gli agricoltori comprano annualmente sementi “fresche” invece di riseminare parte del proprio raccolto. Lo fanno perchè hanno tutta la convenienza economica a farlo. La qualità della semente selezionata è incomparabilmente superiore a quella delle produzioni riseminate un anno dopo. Specie negli ibridi come il mais. Acquistando sementi selezionate è noto a tutti, tranne che alla Crespi, che si possono produrre molti quintali in più per ettaro rispetto a quelli realizzabili riseminando parte del prodotto. Con buona pace di Giulia Maria, che cita nell’intervista agricoltori indiani rovinatisi economicamente perché indebitati per l’acquisto delle sementi. Quegli agricoltori, in realtà, sono stati gettati nella miseria dalla siccità che ha impedito i raccolti e non dalle sementi elette. Raccolti che sarebbero stati di ben lungi migliori ai convenzionali se non ci avesse pensato la mancanza di piogge a farli seccare in campo. L’intervista termina con un gran finale pirotecnico di attacchi a tutto e a tutti, compreso il ministro Luca Zaia il quale, onestamente, di marachelle su cui poter essere criticato ne ha fatte parecchie. Il Ministro può però consolarsi visto che gli strali della Crespi si scagliano anche contro Umberto Veronesi e Rita Levi Montalcini, favorevoli agli Ogm, e perfino contro la Chiesa di Roma, colpevole a suo dire di aver sostenuto che grazie agli ogm si può combattere meglio la fame nel mondo. Li perdoni signora Giulia Maria se anche in Vaticano delirano affermando che la strada per lo sviluppo sociale dei Paesi poveri passa attraverso l’incremento delle produzioni agricole: Dio sicuramente li punirà assieme a chi usa le sementi sacrileghe. Su tutto però aleggia un interrogativo di fondo: ma perché si affanna tanto signora Crespi? Tanto nel 2012 i Maya hanno predetto che finirà il Mondo e a quel punto… amen.

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